L’uomo comune di G. K. Chesterton.

gkDa “L’uomo comune, un elogio del buon senso e della tradizione” di G. K. Chesterton (1874-1936), Edizioni LINDAU

Pag. 11-12
(…) Il progresso è stato solamente una persecuzione dell’uomo comune.
Il progresso ha una sua agiologia, un suo martirologio, un suo insieme di leggende miracolose, come qualsiasi altra religione; esse sono per lo più false e appartengono a una falsa religione. La più famosa è la fantasia secondo la quale la persona giovane e progressista sarebbe sempre martirizzata da quella vecchia e ordinaria. E’ falso. E’ la persona vecchia e ordinaria a essere quasi sempre il martire. E’ la persona vecchia e ordinaria a essere stata sempre più spogliata di tutti i suoi vecchi e ordinari diritti. Mentre questo progresso avanza è di gran lunga più probabile che a sei milioni di uomini venga impedito di andare a dormire perché sei uomini sostengono che determinati esercizi di respirazione siano sostitutivi del sonno, piuttosto che uno dei sei milioni di sonnambuli si svegli abbastanza da poter colpire la mentalità cerebrale ma stupida di sei uomini. (…)

Pag. 13-14
(…) E’ un fatto storico che le catastrofi che abbiamo vissuto e che stiamo attualmente vivendo non siano state causate dalla gente pratica e prosaica che si ritiene non sappia nulla, bensì quasi sempre dalla gente assolutamente teorica che sapeva di sapere tutto. Il mondo può trarre una lezione dai propri sbagli, ma si tratta soprattutto degli errori di chi impartisce lezioni. (…)

Pag. 14
(…) Gli intellettuali di quest’epoca insegnavano in modo deciso e dogmatico che, se soltanto gli uomini avessero acquistato e venduto liberamente, avessero preso e dato in prestito liberamente, avessero fatto sgobbare e licenziato liberamente e, in pratica, avessero rubato o truffato liberamente, l’umanità sarebbe stata più felice. L’uomo comune scoprì presto di quale felicità si trattasse, nei bassifondi dove lo lasciarono e nella miseria alla quale lo condussero. (…)

Pag. 48
(…) Personalmente ritengo che il pragmatismo non sarà mai in grado di tener testa, come rivale serio, alla filosofia permanente della Verità e dell’Assoluto. (…)

Pag. 58
(…) Non sono gli ideali di un uomo a cambiare, non è la sua utopia a essere alterata; il cinico che afferma: “Quando sarai più vecchio ti scorderai di tutte quelle fantasie sull’idealismo” dice l’esatto contrario della verità. I dubbi che giungono con l’età non riguardano l’ideale, bensì il reale. E una delle cose indubbiamente reali è la reazione, ossia la probabilità pratica di una qualche inversione di direzione  e della nostra parziale capacità di fare il contrario di ciò che vogliamo. L’esperienza ci insegna questo: c’è qualcosa nel carattere e nel meccanismo del genere umano per cui il risultato di un’azione nei suoi confronti è spesso inaspettato e quasi sempre più complicato di quanto ci aspettiamo. (…)

Pag. 75
(…) Ma se accettiamo questo mistico sentimento solidale, questo io allargato, lo dobbiamo accettare nel bene e nel male. Se ci vantiamo del nostro meglio, dobbiamo pentirci del nostro peggio. Altrimenti il patriottismo sarà qualcosa di davvero scadente. (…)

Pag. 82-83
(…) Io credo che la nostra difficoltà nel relazionarci ai bambini abbia una causa esattamente opposta. Essa deriva dal fatto che il bambino ha chiara la differenza non solo tra il vero e il falso, ma anche tra la fantasia e la falsità. Egli comprende i due tipi essenziali di verità: la verità del mistico, che trasforma un fatto in una verità laddove questo è bene che accada perché l’alternativa è una sciocchezza, e la verità del martire, che tratta una verità come un fatto laddove questo è bene che accada perché l’alternativa è una menzogna. In altre parole, il bambino, senza bisogno che nessuno glielo spieghi, conosce perfettamente la differenza tra il dire che ha visto il poliziotto tagliato in due nella pantomima e il dire che ha visto il fratellino rompere la brocca nella cameretta, quando in verità è stato lui a romperla. (…)

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