Lunedì 14 Giugno 2010, ore 18.22. Sono alla guida della mia macchina in direzione Ara Pacis, dove ho un appuntamento alle 18.30 con l’amico Salvo Mizzi. Mi mancano poco più di 50 metri per arrivare a destinazione. 25 gradi, lungotevere ombreggiante, traffico a catena stretta su 6 file in parallelo, mucchi di moto e motorini, preludio di agitazioni varie per l’Italia che gioca la prima dei mondiali 2 ore dopo (che intorno alle 14 dello stesso giorno programmo di vedere con mia mamma e mia sorella a casa), clacson a dismisura in un concerto dall’
improbabile armonia e (io) aria mista tra il malinconico pensante e il concentrato andante. Sgobbo 14 ore al giorno (arricchite da qualche week end tolto al mio tempo libero, già poco da sempre, e parecchie nottate in bianco), non vado mai in vacanza e
quindi un anno fa (dopo anni di
mazzo) mi tolgo una soddisfazione: una
Bmw 320 cabrio, modello esatto in copertina alla brochure di promozione al lancio… incluso l’optional che ti mette la moca sul gas alle 7.15 in punto del mattino (tutte le mattine, tranne la domenica).
Una scelta high tech nell’automotive che pago cara già dal ritiro della vettura, preceduta da un omino in tuta grigia “stile super Mario” (debbo dire competentissimo) che mi obbliga a quasi
2 ore di corso live prima di lasciarmi sola al volante: mai capito se si trattasse di una questione di sesso femminile (che da sempre promuove le donne a protagoniste di improbabili
colpi di scena alla guida) o per procedure standard di sicurezza no sex… Comunque… il tutto per dire che è un classico pomeriggio che predilige
la scabriolata, ovvero guido fiera il mio
lingotto d’oro senza tetto e, come sempre, squilla il cellulare… non quello collegato al bluetooth della macchina, ma l’altro, quello che da mesi ti ripeti di connettere e da mesi ti rispondi che… “domani lo farai”. Per come sono andate le cose, col senno di poi, è stato un bene che non lo avessi ancora fatto, altrimenti non avrei avuto bisogno di estrarlo dalla mia borsa e quindi salvarlo al caso (prima del
fattaccio che di li a poco sarebbe avvenuto) per rispondere o quanto meno per vedere chi era e richiamare…
Consapevole dei furti all’ordine del giorno su vetture cabrio, commessi prevalentemente da persone a piedi o in motorino, soprattutto in circostanze analoghe a quella in cui mi trovavo io (traffico fermo), quando prediligo la scabriolata, metto la borsa sotto al sedile di guida, cioè la tengo sotto alle mie gambe. Il semaforo è rosso, il traffico è fermo, sento squillare e decido di recuperare il telefono dalla borsa. Mi chino verso il volante e metto un braccio intero nel pozzo di Mary Poppins: trovo di tutto (dai caschi di banane ai pupazzi di peluches) tranne quello che cerco, così decido di sollevare la borsa e di metterla sulle mie gambe per allungare entrambe le braccia nel delirio femminile da asporto e cercare meglio. Apro la borsa, attivo il sonar palmipede su tutti i polpastrelli, lo trovo, lo afferro e lo estraggo mentre suona ancora… Lo giro, smette. Nello stesso momento, un tizio a volto scoperto sulla quarantina (italianissimo, direi romano), maglietta di cotone bianca, a cavallo di uno scooter grigio scuro con parabrezza, si avvicina alla macchina e mi fa: “Signora scusi, mi saprebbe dire…”. Non chiedetemi come, ma la mia borsa, accoccolata sulle mie gambe fino a quell’istante, scompare in un secondo (anzi meno) e con lei scompare anche… l’intero pozzo di Mary Poppins: carte di credito (personali e aziendali), assegni, contanti (pochi) e soldi spicci (meno), chiavi di tutto il mondo, documenti veri e falsi, 2 paia di occhiali da sole, biglietti da visita, fazzoletti da naso, burro cacao, caramelle, carica batterie, cavetti e chiavette usb, tessere di tutti i tipi (da Freccia Alata a Trenitalia, dalla carta Conad alla oro vip di Blockbuster), codice fiscale e tessera sanitaria, biglietti della metro, un paio di penne (belle, peccato), ticket restaurant appena presi, foto dei cani, dei nonni, dei miei genitori e di mia sorella… ma soprattutto le chiavi della macchina. Ecco, fin qui racconto del furto con destrezza e ora vengo appunto …all’innovazione che bellezza…
Se stessi leggendo quello che scrivo, e non conoscessi la tecnologia evoluta dello start engine di Bmw, penserei: “Ma questa qui come faceva a guidare una macchina se teneva le chiavi nella sua borsa?”. Semplice. Mentre nella prima versione di start engine, il bottone accendeva la macchina solo a chiave inserita, nella versione evoluta della stessa tecnologia, il bottone funziona anche senza inserire la chiave: basta averla addosso o in prossimità del cruscotto e voilà…! La lampada di Aladino esaudisce qualunque desiderio: apre, chiude, accende, spegne, fischia, sbuffa, mena e briga. Tutto senza chiave! Che spettacolo. Quando me l’hanno fatta vedere “mi sono immaginata” con la chiave in tasca e la spesa del venerdì sera, avete presente? 7 buste per mano, con 50 chili di stronzate, divisi sempre nel modo meno equo possibile, e quel terrore logistico inconscio di dover smanettare con le chiavi (senza poggiare le buste a terra) per chiudere la macchina e aprire la porta di casa. Con questo sistema, nulla di tutto ciò! La macchina si chiude con un dito (che in qualche modo trovo sempre libero su 10 che ne ho) e si apre al tatto… una meraviglia che contribuisce all’elogio della già scarsa esigenza di avere “un marito che ti porti la spesa”… :)
Tuttavia, non so perchè, ma quando guido in genere tengo la chiave attaccata. In genere, appunto. In genere lo faccio, ma questo lunedì, forte della consapevolezza di un ottimo funzionamento alternativo altrettanto previsto, no. Salgo, accendo e parto, e… la chiave resta nella mia borsa… delineando in anticipo l’imminente futuro che mi attende. Il pozzo di Mary Poppins in mano al ladro si allontana da me senza rimedio alcuno (“nessuno” che lo veda o men che mai che cerchi di fermarlo) e la mitica chiave, che a sua insaputa lo accompagna, segna irrimediabilmente per me la fine della corsa. Sul display compare il rebus di una chiave giallognola enorme stilizzata con una barra rossa sopra: a modo suo, spirando nel suo ultimo “gesto di vita”, il mio lingotto senza tetto cerca di dirmi che la chiave non c’è più e che lui, senza di lei, “non se la sente di sopravvivere”. Nonostante sia io una persona nota a tutti per essere un treno di ottimismo, capace perfino di abusare quasi sempre in persuasione, non c’è niente da fare: il lingotto trilla un “tttìn”… e mi molla. Mi abbandona in una morte simile a quella di Giulietta tra le braccia di Romeo e io mi leggo in fronte un solo titolo di coda: The End. Eppure… Magari fosse finita qui! Lo sapete che significa intoppare, con una macchina ferma quasi esattamente al centro della strada, il lungotevere di Roma, due ore prima di una partita e nell’ora di punta? Non penso :) Io credevo di saperlo e invece ho scoperto un emisfero tutto nuovo: un intero pianeta fatto di vaffanculi multilingua, insulti di ogni tipo (alcuni debbo dire anche creativi e divertenti), mani alzate ad inneggiare i morti che “so sempre li tua” (spesso “li mejo”…) e un’immensa laguna galleggiante di stronzi vivaci a 2, a 3, a 4 e a 8 ruote… Ho scoperto anche che una donna all’ottavo mese di gravidanza ha il coraggio di chiederti se hai bisogno di una spinta! Fortissima! :) Peccato che non scherzavo quando ho scritto The End: la macchina muore in tutto e per tutto. Non si sposta, non si illumina, non parla, non si muove neanche a spinta, non è in grado di esaudire nessun desiderio se non quello di piantarsi incollata all’asfalto come fosse un monolite. Incredibile! :)
Nel frattempo si sono fatte le 18.30. Tutto questo boato di eventi in 8 minuti.
Anyway… in tutto ciò, il bicchiere mezzo pieno mi dice che ho ancora 2 cellulari carichi (non poco in una circostanza come questa!) e che non piove (considerando che, senza chiave, non posso nemmeno chiudere la cappotta non so per quante ore).
Per prima cosa chiamo il 113. “Polizia, dica” risponde qualcuno al quarto o quinto squillo. “Sono stata derubata a bordo della mia auto da un signore italiano sulla quarantina, maglietta bianca, scooter grigio scuro con parabrezza e targa coperta, volto scoperto e casco jet. Sono ferma sul lungotevere all’altezza del semaforo Ara Pacis, ma c’è molto traffico ed è successo in questo istante. Avvertendo le pattuglie di zona forse ancora lo prendiamo, che mi dice?”. “Signora, lei dove si trova adesso?” e io penso “Ma perchè me lo richiede se gliel’ho appena detto?” comunque gli rispondo di nuovo che sono vicino all’Ara Pacis. “E quando è successo?”… “Va beh guardi, lasci stare che nel frattempo sarà arrivato al casello di Fiano Romano”. Attacco e mi dedico al resto: blocco le carte, chiamo i soccorsi, avverto Salvo che mi raggiunge a piedi, spartisco il traffico (i vaffanculi tutti a destra e gli attributi personali tutti a sinistra), avviso mia sorella (che si attiva per raggiungermi) e mia madre, dicendogli che un “piccolo imprevisto” sta mettendo in crisi la nostra serata da dedicare al pareggio dell’Italia (“nun se semo perse gnente”), e nel frattempo, con l’aiuto di tutte le mie assistenti ancora in orario d’ufficio, cerco di attivare la richiesta di un carrista che venga a recuperare la macchina, e di velocizzare qualche reazione immediata necessaria… Il mio pomeriggio eccentrico si conclude verso le 20.45 con il prelievo dell’auto effettuato dal carro attrezzi (ma prosegue fino alle 23 in una caserma di Garbatella per la denuncia di quello che sarà titolato appunto “Furto con destrezza”) e lascia spazio a qualche guaio da risolvere che mi tiene ancora occupata: rifare i documenti, raccordare denunce e banche, rinunciare al lingotto senza tetto per qualche giorno (perchè un avvenimento del genere implica che si riprogrammino tutte le chiavi della vettura in casa madre), cambiare le serrature di casa, ufficio e dintorni, ecc.

C’è più di una morale in questo post che mi voglio ricordare per il futuro e sulla quale invito tutti a riflettere sempre (anche ove sembri assai scontato farlo):
1) anche l’innovazione a volte va usata con criterio ed accortezza;
2) la disperazione dilaga tra la gente: quanti folli farebbero un furto simile correndo un rischio enorme, in cambio di nessuna garanzia (visto che alla fine, al di la dei disagi procurati a me, il risultato di questa operazione ha fruttato al ladro forse 200 euro di contanti…), in pieno giorno, in pieno centro e in pieno traffico?;
3) c’è sempre una prima volta nella vita (la cosa cui ero più affezionata era la mappa originale delle metropolitane di Manhattan che portavo sempre con me dal 1998) e sbagliando si impara;
4) a tutto c’è un rimedio, salvo una cosa, quindi mai disperarsi per tutto ciò che è comunque risolvibile;
Direi che, potendolo fare, sarebbe opportuno anche evitare di bloccare il traffico al centro di una strada strategica per lo smistamento del popolo calcistico a distanza di 2 ore dalla prima partita dei mondiali, ma se proprio non se ne dovesse poter fare a meno… beh, siate predisposti a scoprire di voi stessi tutto ciò che nessuno vi aveva mai detto prima! :)
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ammazza che sfiga! Però vedo che non ti sei persa d'animo.. io sarei ancora in preda alla crisi di nervi… e ne avrei per mesi :)
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Meglio i Giapponesi.Due anni fà sonmo riuscito a perdermi tutte e due "le chiavi" del mio scooter Honda "forza". Stesso criterio di funzionamento. Però con una leggera differenza: il cruscotto segnala il disastro in corso, ma ti lascia lo scooter funzionante fino a che non lo spegni. Non mi sembra una cosa da poco…
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Giorgia ohh Giorgia!! Se non avessi visto la foto del tuo "lingotto" che veniva caricato sul carroattrezzi, avrei pensato all'inizio di un'altra storia "quasi" vera da pubblicare…altro libro?Titolo: storia di un "normale" giorno di traffico cittadino…Comunque al solito ti stimo per la tua grande pazienza e la saggezza con cui affronti la vita! ;)Sav
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Sorellina.. Mi hai fatto tagliare dalle risate.. A parte il tuo fantozziano pomeriggio, scrivi giornalistico..fluido e non annoi.. È difficile che io legga blog.. Ciao piccola.. Torna alla Punto.. Lì la chiave la devi mettere.. ;-)
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