Vorrei che questo Paese imparasse a volersi bene, molto bene, quanto ne merita per il gran Bel Paese che è davvero. Vorrei che il nostro Stato divenisse arena di virtù, grazia di reciproco affetto e pozione magica di giustizia vera, lealtà, uguaglianza, diritti umani e civiltà. Vorrei che tutti gli uomini ricordassero guerra e pace per imparare a dare più ascolto a gioia, fede e serenità.
Vorrei che i giovani pretendessero il dovere allo studio, anzichè il diritto. Vorrei che la gente imparasse a convivere cercando la propria identità in colui che parla un’altra lingua. Vorrei che lo stivale che tanto calpestiamo con disgusto tutti i giorni ci desse un ricco calcio nel sedere e con un colpo di tacco ci mandasse tutti a casa, tutti, anche quelli che si credono meglio di altri.
Vorrei che chi si affatica tanto ad impegnare movimenti, parole e progetti per i giovani, lo desiderasse veramente, perchè in verità basterebbe talmente poco.
Vorrei che le donne tornassero ad essere le mamme di una volta e che le nonne del 2050 sapessero ancora fare la marmellata fatta in casa o la pizza di Pasqua, come facevano le mie.
Vorrei che tra potere e volere questa generazione potesse di più volendo di meno e che volesse di più anche senza potere. Vorrei che ad ognuno, giovane o anziano che sia, fosse ridato il proprio sogno, il diritto a poterne avere almeno uno e il dovere a voler pretendere di avere almeno una chance per poterlo realizzare. Vorrei che i grandi vincitori possano avere storie di sconfitta e che il vanto possa per tutti essere l’esperienza di poterle raccontare e non cosa essere in un mondo che concede a tutti ormai qualunque falsa o vera identità.
Vorrei che il coraggio non fosse una moda succulenta da sfoggiare in pubblico armati di un casco in un corteo e che la forza non fosse la morsa mentale di chi tiene stretto il collo dell’esistenza umana. Vorrei che il freddo per un attimo intorpidisse le coscienze e che la neve di questi giorni tenesse al caldo le migliori intenzioni di chi, se del caso, ne possa nutrire ancora. Vorrei che imparassimo a dare l’esempio, che gli ultimi siano i primi e che merito e dignità non abbiano più un prezzo.
Vorrei che la smettessimo di credere che tu esista davvero e che finalmente capissimo che ogni Paese è nelle mani dei suoi paesani. Vorrei che questo Natale tutti trovassero sotto l’albero un’Italia diversa. Più bella, più sana e più vera per tutti. Vorrei che mettessimo una coccarda alla nostra bella patria e che la portassimo in giro a spalla gridando come ormai non si fa più da secoli …“Viva l’Italia, viva l’Italia!”. Probabilmente con tutto ciò vorrei troppo, troppo o assai, ma in questo regno il desiderio è ventuo meno e la paura di non farcela attanaglia i deboli tanto quanto i poveri e gli onesti. Vorrei che tu fossi veramente in grado di fare tutto questo, o anche solo la sua metà, ma non lo sei. Lo so. Ridimensionando alla tua portata queste poche righe, vorrei soltanto che per un giorno, o magari due, tu possa mettere un sorriso sotto l’albero del mondo e che di quel mondo la nostra Italia possa essere fiera con l’ambizione di farne presto parte da protagonista. Grazie.
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