di Giorgia Petrini
Oggi vi racconto come abbiamo passato il fine settimana (per inciso, BENISSIMO). Se non vi interessa, vi consiglio di soprassedere, senza offesa per nessuno, s’intende. E’ che sempre più spesso molte persone mi chiedono “Ma in pratica tu che fai quando dici che la fede è un’esperienza che si vive?”. Ecco, ogni tanto, tipo in questo caso, mi viene di provare a rispondere in concreto, pur senza alcuna pretesa di riuscirci con certezza. Faccio quello che posso. Per quello che non posso, guardo in alto e chiedo.
Padre Maurizio Botta si è aggiudicato San Valentino, lo scorso venerdì 14 febbraio, con “Carnali Virtuali”, terzo appuntamento nell’ambito dei Cinque Passi al Mistero. La “sfida”, proposta con il consueto “stile evangelico” raffinato e intelligente di Padre Maurizio, era dare un senso alla vita, all’amore, alle relazioni umane, al tempo e ai limiti dell’uomo, in rapporto alla tecnologia e alla nostra capacità di essere veramente padroni degli odierni mezzi digitali e, più in generale, virtuali (nel bene più che nel male).
Due le riflessioni che più hanno ben impegnato i nostri pensieri a seguire:
1) sapere e sapienza dei naviganti di ieri (le stelle, i mari, i venti, le mappe, le caratteristiche fisiche e psichiche, le abilità, le risorse, le forze e le attitudini) e di oggi (quale vera sapienza è concessa all’internauta odierno, in preda a un’accelerazione indomabile che, come sempre nella storia dell’uomo, spesso subisce in realtà, pur credendosi ancora una volta padrone del mondo?);
2) il limite dell’uomo in relazione all’idea di onnipotenza derivante dal web e, di conseguenza, il tempo: posso potenzialmente fare, vedere, scaricare, scrivere, conoscere e condividere tutto, ma in realtà non basterebbero due vite, il che rende l’uomo, ancora una volta, inevitabilmente limitato; per non parlare della capacità di approfondimento (ormai minima e superficiale, per forza di cose) che riesco a sostenere nei vari “ambiti della conoscenza generalista” (Cinema? Musica? Scienza? Natura? Politica?…).
Io ho tirato le mie somme. Voi, volendo, potreste tirare le vostre, ascoltando i contenuti dell’evento, quando sarà online, sul sito di Vallicella a questo link.
Sabato 15 “invece” è iniziato e finito con un sacerdote: un salesiano a colazione (il nostro caro amico Don Enrico Cassanelli) con il quale, oltre a un bel progetto in ambito educativo del quale ci stiamo occupando, abbiamo condiviso la bella esperienza della mostra di Santiago Calatrava a San Pietro, e Don Jonah Lynch, sul finir della sera, Rettore del Seminario della Fraternità dei Missionari di San Carlo e autore del libro “Il Profumo dei limoni” (che ho recensito giorni fa). Siamo andati a sentirlo alle 17.00, dopo un tour della tomba di San Paolo, in una parrocchia abilmente “appesa” tra le colline della Roma Fiumicino, con successiva visita – sublime, ringrazio – (di Vespri munita) al suo seminario e, anche qui, qualche nota di stupore per il lucido invito a riflessioni poco usuali, degne di particolari ispirazioni:
1) la nuova dimensione della mobilità, odierno “merito” tecnologico, che ci spinge continuamente ad essere contemporaneamente in ogni luogo e da nessuna parte;
2) la materialità, quando e se si può fare a meno di essere virtuali “in cambio” della realtà sempre e comunque unica e inimitabile;
3) la determinazione del limite come percezione di misura certa e di opportunità;
4) le conseguenze e le attività ipercinetiche di un’era moderna spesso in preda a una scarsa qualità del tempo e a una ridotta percezione reale e vivente delle relazioni umane e della vita, soprattutto tra i giovani e in visione delle generazioni future.
Ieri (domenica) ci siamo dedicati alla lettura, a un po’ di riposo e alla condivisione di quello che abbiamo sentito, in questi due giorni. A dire il vero, Marco ha anche fatto un ottimo pane (che originariamente avrebbe dovuto essere Brezel) che abbiamo degustato a cena guardando una miniserie televisiva su Lourdes in onda su TV2000.
Punti Paradiso acquisiti in questo weekend 50. Se non fossimo due amici, banali peccatori, potremmo fare incetta di “bonus celesti” e diventare santi già in questa vita. Invece, siamo sempre in corsa per il cielo, perenni adoratori di quel Santo Timor di Dio che nutre continuamente i nostri cuori e incerti pellegrini andanti di un cammino che non ci sentiamo mai all’altezza di riuscire a fare. Se non fosse per Maria, andremmo solo al Luna Park; al massimo, al bowling.