Giorni fa, a pranzo con un vecchio amico sono finita a sfiorare il tema dell’integralismo, non solo in senso religioso, anzi quasi per niente, visto che si parlava di politica e di campagne elettorali. Da poche parole dette attorno a una insalata di polipo in cima al fungo dell’Eur è partito un ettogrammo di cervello a passeggio trivellando alla grande altri pensieri…
Il punto è che, come la definizione propria del termine lo definisce, l’integralismo di per sé (in qualunque ambito, credo, settore o contesto) non ammette compromessi per sua natura, il che nella odierna società del libero pensiero, del tanto è uguale, del come va va, del chi se ne frega e di una presunta democrazia spesso lontana dall’essere davvero tale non è proprio facile da capire, men che meno da accettare, nel bene e nel male (per non parlare di chi realmente riesce ad essere totalmente, devotamente e profondamente fedele alla sua integrità). Di fatto però l’integralismo in quanto tale non è necessariamente – per sua natura – un male o un bene. Il male e il bene possono essere due qualità opposte di certe forme di integralismo, ma non è “la condizione di integralista” che rende in assoluto buona o cattiva una cosa, una persona, una squadra, un credo, una religione o un partito politico. Come sempre, ciò che ne forgia forme scorrette è l’appartenenza all’arbitrarietà della quale l’essere umano lo rende oggetto. Un tifoso della Roma educato e civile è un integralista come lo è un tifoso della Roma incivile e violento: la differenza non è nella squadra destinataria del tifo, perché sono appunto entrambi romanisti (= a loro modo integralisti), ma nelle qualità e nei demeriti del singolo individuo che nel primo caso ne ha fatto motivo d’unione, d’amicizia, di gioco e di condivisione, mentre nel secondo ne ha fatto motivo di violenza e inciviltà.
Questa lettura è applicabile ad ogni contesto nel quale è possibile parlare di integralismo. In fin dei conti, in campagna elettorale sta accadendo ed accadrà la stessa cosa (perché è un problema culturale): indipendentemente da chi è entrato o uscito da certi partiti, molte persone voteranno ancora una volta l’idea integralista del partito che votano da una vita; molte altre continueranno ad astenersi in nome dell’integralismo qualunquista; secondo il quale tanto non cambia niente; altre ancora cambieranno voto in funzione di dove certe persone andranno o meno per integralismo verso il pensiero secondo cui a fare la differenza sono le persone e non i sistemi, e così via… Ancora una volta cambia il contesto, ma il senso ignaro ai più dell’integralismo(nella sua propria accezione di stato) rimane lo stesso. Come al solito è la qualità dello stato, attribuita dalle qualità e dalle scelte del singolo, che effettua un mutamento rispetto al contesto (ovvero il comportamento soggettivo), non lo stato, la condizione di per sé. Se su Facebook scrivo che sono felice ma in realtà non è vero, a fare la differenza non sarà di certo quello che scrivo nel cambiamento di stato (che indica l’integralismo di una condizione dichiarata), ma quello che faccio per manifestarne l’evidenza o meno (ovvero come la manifesto): in questo caso il mio integralismo è rivolto all’idea di dover essere e/o sembrare sempre felice, ma le mie azioni non necessariamente ne saranno la prova. In un matrimonio (anche civile), un marito e una moglie sono per stato e condizione integralisti nei confronti l’uno dell’altra, ma per atteggiamento, debolezza o altro potrebbero non esserlo nella realtà: ciò significa che hanno fatto pubblicamente una scelta assoluta e non opinabile che privatamente scelgono o si trovano a gestire diversamente. Il tradimento è una forma di negazione della condizione di integralismo tra moglie e marito, come lo è la menzogna, come lo è la mancanza di rispetto, come lo è l’individualismo…
In realtà, quando con la mente mi sono imbattuta su queste riflessioni, il Papa non aveva ancora dichiarato che si sarebbe dimesso, quindi io non avevo ancora preso atto di quanto e di come chi si dichiara per primo in nome del libero arbitrio, della libertà, del rispetto del pensiero altrui, ecc. fosse di fatto “schiavo del contrario”, della paura, della leggerezza, della propria condizione di integralismo. C’è una qualche differenza di condizione/stato tra un cristiano integralista e un ateo integralista? No. Credono in cose diverse, ma sono entrambi integralisti. C’è un motivo realmente credibile per il quale un ateo integralista possa di fatto ritenersi più libero di un cristiano integralista? No, anzi: da atei (quale ricordo a tutti IO ero) si è continuamente mossi dal binario della negazione di ciò che, prevalentemente per opinione personale, non esiste; da cristiani (quale ricordo a tutti IO sono diventata per aver fatto una serie di esperienze che hanno radicalmente cambiato la mia vita) si è trascinati dalla libertà di ciò che, solo per esperienza diretta, è possibile scoprire, conoscere, vedere e vivere.
Credere o non credere, dal punto di vista della qualità della condizione all’origine della forma di integralismo sostenuta, non fa alcuna differenza rispetto al fatto che un Papa (o chiunque altro) si dimetta. Un laziale e un romanista avrebbero il dovere di rispettare il credo (= la squadra) del prossimo prima che il proprio, e il fatto che l’allenatore dell’una o dell’altra si ritiri o si dimetta non giustifica atteggiamenti di pessima qualità (violenza, insulti, attacchi, illazioni, ecc…) nei confronti di nessuno. Siamo tutti d’accordo sul fatto che il pregiudizio assoluto (nella sua condizione di integralismo) sia, in quanto tale, un errore per tutti e di tutti? Siamo tutti d’accordo sul fatto che la leggerezza nella sua presunta assunzione di verità soggettiva abbia condannato a morte anche uomini e donne innocenti in tutto il mondo? Siamo tutti d’accordo sul fatto che l’educazione, il buon senso, il rispetto, l’umanità e la capacità di avvalersi della propria libertà senza ledere la dignità altrui, sia l’alfabeto necessario da insegnare ai più piccoli e che gli adulti ne dovrebbero essere l’esempio? Siamo tutti d’accordo sul fatto che, come genitori, avremmo cura e interesse a che i nostri figli prima che diventare laziali o romanisti sappiano condividere umanamente e civilmente uno spalto, una passione, un interesse o il tifo?
Ci impegnamo a postare ovunque per 4-5 ore al giorno (stando alle ultime statistiche) frasi di Gandhi che smentiamo in ogni momento per primi con i nostri atteggiamenti contraddittori nella vita di tutti i giorni (basta il post successivo); facciamo la raccolta delle coperte per i cani dei canili mentre mastichiamo una fiorentina davanti al TG che inizia a fare la conta dei senza tetto morti di freddo in una sola notte; difendiamo il libero arbitrio in nome di un altro credo che non ci preoccupiamo neanche di testimoniare, di provare a condividere, di spiegare, di trasmettere con gioia; ci sentiamo sicuri di noi stessi solo in funzione della mancanza di certezza altrui; additiamo in un tweet ciò che, per non scomodarci, non siamo neanche disposti a leggere meglio di come ci sembra di averlo capito, leggendone una riga si e una riga no; abbiamo sempre altro da fare per noi stessi perché la solidarietà è un “concetto astratto” che ormai cerchiamo solo nei libri di filosofia e di fantascienza; passiamo ore di questa unica, sola, irripetibile e splendida vita a dondolarci su quello che già sappiamo perché è più facile…
Per chi ha perso il primo tram di domenica 10 Febbraio, rinnovo a TUTTI (atei, cristiani, laziali, romanisti, belli, brutti, buoni o cattivi…) una chance per fare una sera una cosa diversa, mettiamola così.Se volete venire, ci vediamo Domenica 17 Febbraio 2013 alle 20.15 in Viale Palmiro Togliatti 873 a Roma.
Abbiamo perso centinaia di ore della nostra vita – tutti quanti – a fare cose che nella maggior parte dei casi e nella migliore delle ipotesi hanno lasciato la nostra vita com’era, quando credevamo che l’avrebbero cambiata e resa invincibile. La tua no, vero? Tu ti senti pienamente soddisfatto, sei sereno, hai vinto tutte le tue paure e ti senti appagato dalle tue certezze… Se ti va di aiutare altri a fare la stessa cosa, sarei volentieri la prima a scoprire come hai fatto.
Per quanto è straordinaria la vita, è troppo banale essere sempre fautori delle nostre scelte soggettive, dei nostri limiti e del nostro piccolo pensiero e poi prendersela con gli altri perché il resto mondo non è come per sua natura non potrà mai essere.
Forse è ora di provare a sentire una campana diversa?
Se pensate di unirvi al secondo treno avvisatemi: giorgia@giorgiapetrini.it.
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Pagina personale di Robi Ronza. Giornalista e scrittore italiano, esperto di affari internazionali, di problemi istituzionali, e di culture e identità locali.