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Giorgia Petrini e Bill Emmott |
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La copertina del The Economist con la quale Bill Emmott, all’epoca Direttore della rivista, divenne celebre in Italia. |
Questo film però a me è sembrato un po’ troppo orientato al declino italiano e alla sua Saviana visione di quasi totale incurabilità. L’inizio della pellicola, promettente, allettante e ben realizzata dal punto di vista visivo ed esperienziale, è tradito in larga parte da un seguito rosso sangue che lascia poco scampo al Good e molta replica al Bad. Molte premesse negative giustamente ricche di contenuti perdono il proprio valore e la propria qualità nella mancata analisi delle possibili soluzioni o in una ricerca altrettanto adeguata di ciò che in questo Paese molto spesso invece si fa per fronteggiarle; molti temi appena sfiorati, come quello della Chiesa o della emergente impresa sociale, si risolvono con poche parole di parte senza alcuna visione di insieme, spesso quasi forzatamente “ficcate” in un contesto dialettico e contenutistico neppure affine; quasi tutti gli interventi – con intento negativo – sono affidati a pareri discutibili dal punto di vista della riflessione equa e del buon senso collettivo per prediligerne una evidentemente segnata dal pensiero politico, “dal personaggio” e dal credo di provenienza (come gli interventi che sparano a zero su tutto di Travaglio e Saviano, che personalmente ritengo “unfit” per evidenti motivi di ruolo, di età e di veste a rappresentare in sintesi una credibile versione della storia più importante di una intera Nazione, soprattutto se lo spunto è Dante Alighieri, notevole premessa e guida poetica del film); pochissime e brevi evidenze di questa pellicola danno spazio alle cose buone che pure ci sono, ma come tutti sappiamo fanno meno notizia, per preferire il catastrofismo generale raccolto col cucchiaino in ogni lato del Paese.Ora, se in parte ritengo che la vita sia spesso una questione di visione e che quindi l’accidia sia eternamente insita nel DNA italiano (la cui massima rivoluzione di pensiero è identificata nel Movimento a 5 stelle di Beppe Grillo), come lo è la tendenza politica e molto spesso popolare a far finta che vada bene così, in altra parte mi stupisco del fatto che tutti si stupiscano di questo, ipotizzando di conseguenza che il Mario Monti di turno possa rappresentare una risorsa di rinnovamento per il futuro (magari, non conoscendo la reale provenienza storica e operativa della lista civica di punta con la quale intende proporre la sua politica di rinnovamento e rilancio per l’Italia).
Non ho visto le altre proiezioni di Girlfriend in a Coma e non ho assistito ad altri interventi se non quelli che ho avuto modo di ascoltare in questa occasione, ma l’impressione che ho avuto è stata quella di:
– vedere un film troppo lungo rispetto alle relative evoluzioni di approfondimento del contenuto;
– ascoltare sul palco del dibattito a seguire interventi chiaramente orientati e istituzionali (il rettore e un docente di Marketing dell’Università che ospitavano la proiezione, la Piras che ha realizzato la pellicola, la confindustria, Bill e il comune amico Ardy che in tutto ciò è stato promotore e organizzatore della comunicazione di GIAC);
– ascoltare dalla platea alcuni interventi frutto di un impoverimento culturale davvero specchio dell’Italia che non sceglie mai di spegnere il televisore e che ormai affida la propria coscienza a quel distinto spazio di relativismo che tra l’essere umano e Dio impone presunte certezze sui peccati del “Papa losco” e chiede consiglio su cosa votare a tutto e tutti tranne che al proprio cuore, senza mai fare così una scelta di coscienza.
Non so, forse più che continuare a demonizzare l’Italia sponsorizzando una politica, una identità e un insieme di realtà indubbiamente Bad, come tutti sappiamo, avrei cercato di fare un lavoro anche passionario, rivolto al bello, al buono e al bene di ciò che si fa e che esiste per ogni nodo storto di questo nostro Paese in coma.
Per fare una metafora conclusiva, credo che tra la visione marcegagliana (anche lei presente nel film) della donna in carriera a tutti i costi e quella della donna vittima di abuso domestico perché considerata (“per colpa del berlusconismo”) anche a casa sua una “valletta strumentale alle stoviglie della cucina”, poteva forse esserci un terzo occhio più tenero ed emozionato verso la vera natura delle donne, magari attento alla realtà della quale non siamo mai solo oggetto, ma principali protagonisti e protagoniste attive. Eppure nessuno si ricorda mai di quante coraggiose e dolcissime Federica Lisi esistono che restano sole con 5 figli conservando una immane forza, un coraggio estremo e una gioia distinta da qualunque carriera possibile. Non sono casi isolati: personalmente ne conosco tante. Il fatto è che le belle storie sconosciute, l’amore, il bene, il buono e il bello al solito non fanno notizia, vendono poco e non creano tensione mediatica emotiva…
Se Dante avesse ispirato anche me, non avrei dimenticato che sempre lo stesso Dante osava dire anche: “Tutte le cose vengono da Dio”. Io credo che quel che ne facciamo sia conseguenza della nostra libertà, come le raccontiamo sia opera della nostra coscienza e come le viviamo sia un frutto dello spirito…
Un dibattito serio e onesto tra persone che si stimano è segno e garanzia dell'integrità dei valori e delle persone.
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