In questa vita di stenti e privazioni, noi che sbucciamo le mele a morsi…

La cosa che trovo più “imbarazzante” dopo l’esito di queste elezioni non è tanto il fatto che gli italiani abbiano  scelto nella storia degli ultimi 15 anni di questo Paese di essere governati o rappresentati da dei clown, ma che continuino a non rendersi conto di ciò che accade davvero e di ciò di cui essi stessi si rendono parte attiva: il circo. E’ significativo l’atteggiamento digitale da stadio divergente della rete che nelle ultime ore, ha tradotto questo risultato elettorale in una vincita al Lotto non si sa bene di chi verso cosa o di cosa verso chi…

Siamo pieni di contraddizioni, noi  italiani, e questo risultato elettorale a suo modo ci rappresenta. Leggiamo e incitiamo Saviano a raccontarci del voto di scambio al quale tutti crediamo, ma poi facciamo gli auguri a Grillo per una vittoria di merito, frutto del voto del popolo; vogliamo andare a lavorare al Nord perché al Sud c’è la mafia e poi il maggior numero di morti ammazzati dell’ultimo biennio li facciamo a Roma; mettiamo le lobby – tutte, dai sindacati alle associazioni di categoria – nella condizione agevolata di potersi lamentare della politica da intere generazioni e passando il testimone per intere dinastie da padri a figli, ma non capiamo che le lobby e le confederazioni sono la politica; vogliamo una sanità che funzioni, mentre siamo fumatori accaniti che mangiano McDonald due volte a settimana almeno, per non parlare dei giovani morti per incidenti stradali a causa dell’abuso di alcool e droghe che vorremmo far credere al resto del mondo tutti depressi perché qui non hanno chance; diamo retta e credibilità all’ultima pagina della storia (di tutte le storie) leggendo appena il titolo di un post qualunque di qualcuno che ha postato qualcosa da qualche posto senza conoscere la trama del film; da bravi seguaci di Cold Case ci aspettiamo grandi colpi di scena in generale (dagli scandali papali ai magheggi del voto truccato) quando il risultato di molte cose era già scritto per poi dire “Ma lo sapevano tutti che sarebbe finita così, lo avevo detto anche io”; siamo i peggiori sponsor dei nostri diritti (che non conosciamo davvero perché in questo tempo di egoismo piramidale della propria sorte questa generazione non ha più quasi alcun senso del proprio dovere) che calpestiamo in ogni momento inneggiando all’uso di una libertà senza spirito e coscienza, sfacciata e dissipata, che costerà molto cara ai nostri figli e ai figli dei nostri figli; la prendiamo a ridere sempre e comunque perché in fondo la disperazione vera non ci appartiene, non è cosa nostra, non la conosciamo e crediamo di non doverla vedere mai; ci piacciono i nuovi slogan (come il reddito minimo di cittadinanza) anche se in fondo non ci occupiamo mai di capirli fino in fondo; guardiamo Ballarò tutti i martedì piazzando i figli a leggere le fiabe anche quando sanno ancora guardare solo le figure pure se Floris, anche quando vince “il nuovo” invita sempre “il vecchio” (mistero nel mistero…); compriamo bio al supermercato, ma non ci schifiamo del cinese all’angolo (tranne quando abbiamo l’impressione che ci stia rubando il lavoro sotto casa)…
Noi siamo quelli che non fanno compromessi (“Via! Mandiamoli tutti a casa!”) e che poi restano senza Parlamento perché nella vita è così, che ci piaccia o no: non si vive sbucciando le mele a morsi. Soprattutto, le illusioni non son certezze.
Lasciamo stare la scelta, come molti direbbero, certamente condizionata – in quasi tutta questa seconda repubblica – da un ridimensionamento qualitativo delle competenze, delle attitudini, delle volontà e soprattutto delle coscienze, che assecondano una croce involontaria sulla “scelta meno grave da poter fare tra le palline colorate di quello che c’è in cabina elettorale”. Il fatto vero è che la democrazia non è proprio quella cosa per cui vince il partito, il leader o il movimento che voto io.
Mi verrebbe da chiedere: ma quindi, tutto sommato, quando vogliamo – noi popolo di navigatori – siamo forti? ma quindi si vince anche intercettando l’elettorato e non solo col voto di scambio? ma quindi Grillo che, senza chiedere niente a nessuno, va in prima persona a parlare con Napolitano è un democratico?…
Questo è lo stile della democrazia? E’ questa l’immagine della democrazia che volevamo? Non so. Io personalmente non mi sento così, detto da una persona che non ha mai amato Pierluigi Bersani.
Credo profondamente che in questo tempo purtroppo Grillo sia “il meglio” di quello che potevamo esprimere in termini di rivoluzione civile, di scossone, di rottura e di impressionismo dal basso. Sarà una bella gatta da pelare e saprà sicuramente dire la sua, anche se a me questa aggregazione di “diverse nature” mi ricorda tanto il primo storico esempio (nato per essere nuovo e rivoluzionario) di Veltroni che col primo PD cercò di fare la stessa cosa unendo anime giovani e diverse che poi appunto tali si sono dimostrate: troppo giovani e troppo diverse. L’altra faccia della medaglia e che noi li volevamo giovani. Ora – forse – li abbiamo. Li volevamo bravi, competenti e onesti. Ora – forse – li abbiamo. Li volevamo nuovi. Ora – forse – li abbiamo. Non dobbiamo però dimenticarci che Beppe Grillo è Beppe Grillo e che al di la delle vignette che ci rimpalliamo da una bacheca all’altra su tutti quelli dai quali ci siamo fatti sedurre e abbandonare, nessuno escluso, c’è una Italia da governare per la quale non ci possiamo solo lamentare, indignare o rassegnare, soprattutto in questo tempo, con questo clima e in questa Europa. E, attenzione attenzione, mentre è di nuovo partita la macchina del fango a 360° con la solita giostra della falsa libera opinione, ancora in preda alle percentuali, alle magagne post voto, alle alleanze dietro le quinte, al congedo dei perdenti e all’espulsione degli esclusi, non abbiamo ancora capito cosa accadrà davvero. Mi pare che l’unica certezza per il momento sia la grazia del condizionamento senza la responsabilità della scelta decisiva. In fondo il M5S avrà da alzare la paletta o poco più sugli orientamenti di governo: c’è da vedere se sarà rossa o verde quando si incomincerà a parlare delle questioni davvero importanti, che per me restano sempre quelle  etiche e morali dalle quali, che che se ne dica, dipende perfino l’economia globale. Anche se nel frattempo ce lo siamo dimenticato, oggi siamo dove proprio gente che ha messo in secondo piano o addirittura rimosso quelle questioni ci ha trascinato.
Continueremo a perdere tutti fin quando non capiremo che, come direbbe Chiara Amirante, “Solo l’amore resta”. Solo da requisiti come la solidarietà, la fraternità, il bene comune, l’attenzione al prossimo, la ricerca della comunità sostenibile, la condivisione della ricchezza, l’onestà, la sensibilità o l’amore è possibile costruire un mondo migliore. Mi pare che ci sia una bella differenza con lo slogan del “Morto che Parla”, chiunque sia il morto, ma come sempre dico: è una mia impressione.

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