La pubblicità serve a farti fare ciò che non faresti mai, o quasi. Nel bene e nel male.

di Giorgia Petrini

Una delle prime regole per un’ottima propaganda tramite la pubblicità e per la diffusione massiva dei suoi contenuti è “male, purché se ne parli”. Prima di mettere sul mio blog questo spot, quindi, promosso dal PD per la campagna a sostegno della legge sull’omofobia (contribuendo a mio modo a diffonderne un messaggio che in tanti riteniamo sbagliato perché intende limitare la libertà di opinione e negare la natura dell’essere umano in favore della cultura strumentale e generalista del gender), ci ho pensato molto bene. E ripensato, anche. Quanto meno per compassione, dunque, vi prego di non cliccare subito sul tasto Play di questo video, ma di provare a fare prima qualche riflessione indipendente.

Nella pubblicità e nel marketing, la strategia mediatica alla base di queste operazioni di massa e di questo genere di spot è quella di:

a) fare in modo che lo veda quanta più gente possibile (ovvero che sia breve, virale e facile da comprendere);

b) che non lasci scampo – nella maggior parte dei casi – a diversa opinione soggettiva.

Questi due must sono alla base di ogni ideologia e tutte le pubblicità, nel bene e nel male, mirano a fare colpo sul subconscio delle grandi masse (perché i singoli mantengono sempre vivo un certo grado di discernimento), a renderci partecipi e spesso ignari complici di qualcosa, a farci comprare un certo prodotto o a darci un preciso messaggio. Parlai di questo in relazione al nazismo in un post di qualche tempo fa – che non sono riuscita a ripescare – e anche il libro che sto leggendo su Alice Herz-Sommers ne è la perfetta conferma.

Siccome tutti andiamo di corsa, a nessuno va di documentarsi meglio e quasi tutti ormai prendono purtroppo per buono quello che vedono a colpo d’occhio, questa strategia tecnicamente funziona, sia nel bene (grazie a Dio) che nel male (“grazie” al demonio). E’ efficace, oggi più che mai.
Cosa cambia quindi rispetto alle conseguenze che questo genere di comunicazione visiva comporta? Il tipo di suggestione alla quale è esposto chi la guarda. Nel bene, vedere il bimbo africano affamato con la mosca sul naso mi spinge a donare un euro a Save The Children (faccio consapevolmente un’opera buona); nel male, vedere lo spot di Replay sui jeans smacchiati che mi piacciono tanto, costano poco e vanno di moda mi spinge a comprare un prodotto, peraltro non necessario, per il quale la gente muore (faccio inconsapevolmente un’opera cattiva). In entrambi i casi opero con intento buono e spirito positivo, anche quando scelgo di fare cose frivole o non necessarie, ma di fatto sono “sinceramente in errore”, ovvero – generalmente in buona fede – non mi rendo conto delle conseguenze delle mie azioni.

omofobia

Statisticamente, in ambito pubblicitario, arrivano tanti diversi generi di messaggi, ma quelli che hanno maggior successo sono sempre legati a qualcosa che, come dicevo prima, anche in buona fede, ci sembra apparentemente “scontata”, “naturalmente buona”. Ora, per non fare un trattato sul marketing e la pubblicità che anni addietro mi hanno appassionato e coinvolto sotto diversi aspetti per motivi professionali, vorrei tornare a bomba sulle riflessioni autonome che il nostro discernimento ci consentirebbe di fare in merito allo spot con il quale il PD sta sostenendo a gran voce una legge incostituzionale.

PRIMA RIFLESSIONE – Hanno scelto un video. I video, oggi come oggi, se ben fatti, pensati, strutturati e realizzati, hanno grandi opportunità di centrare l’obiettivo, ovvero di coinvolgere l’utente nella suggestione desiderata, molto più di una foto, molto più di una locandina, di un manifesto, di un adesivo o quel che è. Questo dipende in parte da fattori di virtualità, ovvero di facile immedesimazione da parte degli utenti coinvolti, e in parte da un maggior coinvolgimento emotivo complessivo (il movimento, la musica, le parole, lo speaker che ti parla all’orecchio…). La facilità di diffusione virale poi e la disinformazione dilagante di questo tempo, complice un cattivo uso della rete, fanno il resto.

SECONDA RIFLESSIONE – Il titolo del video non lascia scampo. Si chiama “Ecco perché la legge contro l’omofobia è urgente”. Seconda tecnica di comunicazione: non c’è bisogno che tu faccia delle domande (“Ecco perché…”) su una cosa che certamente serve perché te lo sto dicendo io, anzi te la rendo necessaria con dovizia di coscienza (“la legge contro l’omofobia”) e con imperativa urgenza (“è urgente”).

TERZA RIFLESSIONE – La drammaticità delle scelte “di contorno”. Scelgo una musica che ti metta ansia (e faccio così passare sia il concetto di urgenza che quello, più grave, di paura); scelgo immagini che ti rendano complice del peggio che avverrà senza il tuo sostegno (influendo su quella buona fede di cui sopra che consapevolmente non ti vedrebbe mai nei panni di un assassino, di un aggressore o di un omofobo); uso parole choc che riempano quei buchi di coscienza lasciati vuoti dalla tua pigrizia o incapacità di volerti documentare meglio da solo (ti dico io cosa devi pensare se non vuoi o non sei in grado di farti un’idea).

QUARTA RIFLESSIONE – Il miraggio di una scelta universale di utilità civile (e magari sociale). All’inizio del video, scorrono veloci foto di mezzi volti sorridenti, di tutti i sessi e di tutte le età. Ti sto dicendo, tra le righe, subdolamente, velocemente e massivamente che questa legge serve a tutti e che tutti ne saranno contenti (anche chi, come un bambino, non sa che da grande diventerà sicuramente omofobo). Ti sto dicendo che siamo tutti uguali, che vale per tutti e che è un bene comune, segno di civiltà. Per convincerti di questo, subito dopo ti sciocco con il contrario attraverso gli stessi o altri volti, insanguinati e tumefatti. Ti dico che, siccome questa legge in Italia ancora non c’è (perché, come abbiamo già scritto, non esiste questo problema e non perché, come vorrebbe dirti questo video, siamo in fondo ai grandi Paesi civilizzati), è necessaria e quanto mai urgente… Qualche numero? “Ben 7 omicidi nel 2012” (di gran lunga superati nello stesso anno, per fare un esempio chiaro a tutti, dagli omicidi tra adolescenti per futili motivi).

“Finché non si approva una legge sull’omofobia saremo civili solo a metà” è lo slogan ricorrente di questo video. E’ come dire: “metà degli italiani sono omofobi”, mentre a questo proposito il caos più totale si sta manifestando a ogni livello.

Intendi la verità che ogni cosa ha in sé. Ciò che siamo non si inventa. Non è questione di omofobia, di libertà, di razzismo o pregiudizio. La realtà è sempre molto più semplice e lineare di quanto noi non siamo in grado di poterla o volerla complicare, manipolare, strumentalizzare o, come in questo caso, vendere.

QUESTA LEGGE NON E’ NE’ BUONA NE’ CATTIVA.
Semplicemente non serve ed è sbagliata.

“C’è una strada che va dagli occhi al cuore senza passare per l’intelletto” (L’imputato, cap 9) – Gilbert Keith Chesterton

Adesso guarda questo video e, se ti va, vieni stasera a dirmi di persona cosa ne pensi alla manifestazione di Le Manif Pour Tous che si terrà a Piazza Montecitorio tra le 19 e le 21. Anzi, vieni anche domattina alle 10.00, stesso posto, a quella di UDB, in concomitanza con la discussione della legge. Quando si tiene davvero a qualcosa ci si mette la faccia, il tempo e soprattutto il cuore.

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