All’ombra… del digitale terrestre?

Il 28 luglio scorso ho preso parte come relatrice al secondo appuntamento della rassegna “Incontriamoci all’Ombra del Colosseo”, in un incontro-dibattito dal titolo “La nuova Televisione, il passaggio al digitale terrestre”, tratto dal libro di Alberto Guarnieri (Il Messaggero) e Angiolino Lonardi (Vice Direttore Tg2), che analizza i diversi aspetti della odierna rivoluzione televisiva contornata da una battaglia politica, tecnologica e commerciale. Al dibattito, oltre gli autori del libro (Guarnieri e Lonardi) e a me (in qualità di neo Presidente della Associazione Roma Europea e autrice del mio libro, “L’Italia che innova”), prendono parte anche: Giovanni Toti (Direttore di Studio Aperto); Piero Vigorelli (Presidente Telecom Italia Broadcasting); Mauro Miccio (Docente di Sociologia della Comunicazione Università Roma Tre) e Massimo Leoni (SkyTg24).

Parlo per ultima (unica donna della tavola rotonda peraltro) nel primo round di opinioni e, dopo una serie di pulsioni positive sull’avvento del digitale terrestre, mi ispiro alla tesi della brillantissima Luciana Littizzetto, ovvero esordisco dicendo che “per me il digitale terrestre è quella roba che, pagando, ti consente di vedere male la televisione che prima vedevi bene, gratis”. Come si dice a Roma, “buttarla in caciara” sembrerebbe essere sempre la mia prerogativa, ma in realtà cerco solo di esprimere concetti chiari senza fare troppo la difficile in un modo che quello che sostengo sia comprensibile a tutti e non solo a chi si sforza di far credere al resto del mondo di saperne più degli altri. Interessanti e utilmente “provocatori” gli interventi di Lonardi, Miccio e Leoni, mentre capisco e condivido meno quelli di Guarnieri, Toti e Vigorelli.
In ogni caso, il dibattito verte principalmente su argomenti che riguardano: interessi finanziari, scelte politiche, questioni di strategia pubblica, editori e imprenditori, pay e free, concorrenza, ecc. Si parla molto meno di contenuti, qualità o interesse pubblico (che fino ad oggi è costituito dalla gente che rappresenta il vero sostegno economico di un sistema mediatico che alimenta principalmente pallone e tv spazzatura), ancora meno di innovazione e competitività reale comparata ai mezzi e agli strumenti (rispetto agli usi e ai costumi di una società in continuo mutamento), quasi per nulla di internet, web tv e new media (vero futuro di un libero mondo dell’informazione on demand che in altri Paesi rappresenta da anni il principale canale di trasmissione e ricezione dei contenuti)… meno che mai del fatto che… ‘sto digitale terrestre “serva realmente” a qualcuno o meno. Fatto salvo il presupposto di partenza, ovvero la speculazione collettiva di un mondo spietato che riesce a farsi ladro anche su cose che “nascono vecchie” (come il digitale terrestre destinato, a mio parere, ad essere superato dalla rete e dal web ancor prima che si riesca a farlo davvero funzionare), ritengo che le principali osservazioni da fare in proposito (per le quali, come sempre sostengo, andrebbero interpellati anche opinionisti che hanno ancora tra i 70 e gli 80 anni di vita davanti) siano le seguenti (le scrivo qui non avendo avuto modo di dirle tutte il 28 al dibattito… ):
1) rispetto alla velocità a cui oggi viaggiano le informazioni (tutte, ovvero anche video) via internet, il digitale terrestre è paradossalmente lento; per rendere l’idea a questo proposito ho fatto l’esempio del video delle due ragazze romane, intervistate su una spiaggia di Ostia, che nel giro di poche ore non solo ha sfiorato migliaia di viste su YouTube, ma ha anche fatto il giro del mondo rendendo “celebre” una “informazione priva di valore” non certo grazie al digitale terrestre (che non avrebbe mai potuto fare altrettanto) ma “grazie” a Facebook;
2) gli utenti, concorrenti e/o potenziali di un certo mezzo, rappresentano un fattore assolutamente risolutivo e decisionista per il successo o l’insuccesso di un contenuto, non solo: mentre rispetto al digitale terrestre io rappresento, in ogni caso, solo un utente fruitore di contenuti realizzati da terzi (che posso scegliere si in modo più vasto ma che non posso editare), su internet io stesso posso essere “un editore” e decretare il mio successo attraverso la creazione di un contenuto che il pubblico della rete può istantaneamente far diventare celebre, anche nel giro di poche ore (e in tutto il mondo contemporaneamente, fuso orario permettendo);
3) il passaggio generazionale è un altro elemento fondamentale: il digitale terrestre muore esattamente in quella fetta di mezzo in cui l’anziano di oggi sa ancora guardare e pensare solo in analogico e l’anziano di domani guarderà l’ulteriore evoluzione di una Sony Internet tv sdraiato sul divano quando avrà tempo, voglia e fantasia, in un regime di vita quotidiana che già oggi non è più lo stesso di 10 o 20 anni fa; ciò significa che per l’anziano di oggi è una roba troppo complicata e per quello di domani sarà una roba inutile; 15 anni fa forse “avrebbe funzionato”;
4) cambia la scatola ma non il contenuto: io sono del parere che una buona idea, che abbia gli “ingredienti giusti” per soddisfare i propri utenti, avrebbe successo anche proposta da una compagnia di strada in un teatrino del mimo; la gente è stufa del contenuto, non gliene importa una mazza di avere 80 mila canali da scorrere col telecomando se sono 80 mila canali di stronzate tutte simili tra loro, riproposte ormai da anni in salse alternative ma sempre uguali a se stesse; ma chi ce l’avrà mai il tempo di guardarsi tutti ‘sti canali? E poi veramente pensiamo che domani tutti si metteranno a fare gli editori o gli autori di nuovi format da mandare “liberamente” in onda su “Canale Pippo”? Mah, io ne dubito davvero;
5) alla fin delle fiere io credo che alla base di tutto ciò, che il più delle volte gira attorno ai pochi interessi dei pochi soliti noti, il vero problema sia: a) rendersi innanzitutto conto del fatto che il mondo è cambiato, la gente pure e la tecnologia anche; b) attuare una vera rivoluzione nell’ambito della comunicazione che vada da un nuovo modo di ideare contenuti a nuovi metodi per somministrarli; c) cercare le risposte giuste attraverso il parere degli utenti e non con l’uso delle proprie opinioni spesso frutto dello stipendio di un’azienda che ci lascia il tempo di dibattere intorno a ciò che arricchisce e connota “un canale” e non una “nuova utilità per il Paese”.
In ogni caso, nell’insieme a me è sembrato un dibattito oggettivo (anche se a tratti forse un po’ “volatile”), liberamente critico (soprattutto negli interventi di Lonardi e Miccio) e in tono con i relatori presenti (forse un po’ demodé rispetto alle posizioni dei singoli, nel caso di Toti e Vigorelli)… a parte me forse che come al solito nella mia, come sempre massimamente, osteggiata “visionarietà” alla fine fungo sempre come la Giovanna D’Arco della situazione … :-) Poco male, diciamo che a Dicembre col fresco mi presto più volentieri al rogo che non ad Agosto, quando fanno 38 gradi all’ombra, ma ormai ci ho fatto il callo.
Cambiate canale che è finito il post!

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