La pericolosa questione delle Quote (solo Rosa?).

di Giorgia Petrini

C’è un problema. Più di uno, in verità, ma cominciamo dal “più semplice”. Il merito, le qualità, le capacità o i talenti delle persone, non hanno nulla a che fare con il sesso (parola che preferisco largamente rispetto a “genere”, date le circostanze, equivoco, oltre che improprio). Faccenda diversa è parlare di doni o di attitudini: l’essere maschio aggiunge – e allo stesso tempo toglie – una serie di “connotati” naturali diversi dall’essere femmina, e viceversa. Non per niente, fino a poco tempo fa, era del tutto naturale e comprensibile che non fosse un pensiero immediato delle donne aspirare a diventare camioniste o …muratrici? Poi, per nostra auto inflitta disgrazia, elevata a presunzione di diritto (con pretesa di valore), secondo le più moderne leggi della convenienza, ci siamo “emancipati” (tutti quanti, maschi e femmine) e abbiamo deciso che la complementarietà (in natura già esistente e chiaramente espressa attraverso la manifestazione di segni “spesso” chiari, tipo la barba agli uomini e il ciclo alle donne) potesse anche chiamarsi… “preferenza”, “orientamento”, “piega”, “scelta”, “inclinazione”, “rettifica”, “revisione” e mi fermo qui, se no mi perdo e mi s’impiccia la matassa.

femMi spiego. Come dico ormai da quando ho scoperto di avere una coscienza (circa una settimana fa…) e quello che molta gente chiama “senso critico” (poco meno), l’essere maschio o femmina non ha nulla a che vedere con una “maggior dose” di merito, bravura o capacità data unicamente al sesso femminile (per inciso, a mio parere, la stessa considerazione vale per i disoccupati, per i maltrattati, per i morti ammazzati o per i separati). Le donne dovrebbero essere le prime a capire questo e a fare di questo, se proprio amano l’equitazione, il loro “cavallo di battaglia”. La vera forza non è per nulla nella parità, ma piuttosto nella diversità. La vera “corsa in rosa” non è ridursi con disincanto e ingenuità a inseguire quello che fanno i maschi (di qualunque cosa si tratti), per dimostrare non si sa a chi e perché che anche noi sappiamo… guidare un camion?, ma dedicarsi con naturalezza e semplicità a ciò che noi siamo più portate a fare. Non è una questione di Quote (che abbinate a quelle del latte, metaforicamente, completerebbero anche il quadro), ma di oggettività. Si chiama “essere obiettivi” e non “pretendere un nastrino tra i capelli”. Mi sentirei di dire quindi che essere bravi e capaci e essere rosa non sono necessariamente due cose direttamente proporzionali tra di loro, tanto quanto non lo sono i maschi violenti o i feroci “abbandonatori di mogli” (più frequentemente di quanto si pensi, abbandonati).

E questo è un “problema” minimo rispetto a ciò che, stando così le cose, sembrerebbe paventarsi all’orizzonte. In questi giorni, come mai negli ultimi anni, si parla tanto di genere e di quote. Attenti: non più di donne e di quote, ma di genere e di quote. Fino a qualche tempo fa, la chiamavamo genericamente parità; poi abbiamo iniziato a chiamarla pari opportunità (abbiamo perfino un dedicato ministero a imporci la paradossale convinzione che si possa, e si debba, essere tutti UGUALI); poi la deriva sessista ha spostato il mirino dall’attributo “donne” al più completo attributo “genere” e, in men che non si dica, chi prova a indovinare dove stiamo andando e cosa succederà? Quanto ci vorrà a far passare l’idea che la (nuova e immacolata) “parità di genere” non riguardi più solo… le donne? Subdolamente, in fondo, ce lo stanno già dicendo in molti modi. Per quanto mi riguarda, spero sempre di non essere un cane da tartufi.

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Si accettano scommesse. Si precisa che il gioco d’azzardo crea dipendenza, che potete farne uso lo stesso liberamente – come il fumo (che uccide) – perché lo Stato ci guadagna e che, ovunque puntiate, la partita è già vinta da chi ha già deciso. In caso di contestazione sulla vincita, come per le multe sbagliate (secondo voi), prima pagate e poi fate ricorso al giudice di pace. Se credete in Dio, avete davanti la vita eterna per essere ascoltati. Almeno lì, il tribunale è sempre aperto.

Io sarò sicuramente interessata a capire come si possa pretendere di cancellare tutte le differenze di genere e allo stesso di accentuarle per ognuno, istituendo – però – le quote solo per uno.

Strani scherzi fa la contraddizione in termini, no?

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