di Giorgia Petrini
Ultimamente (soprattutto) si fa fatica a capire di che scrivere, a cosa dare la priorità, a quale argomento “più importante” – tra i tanti – dare voce. La cronaca nera di questa settimana non ha risparmiato nessuno, ma come sempre i “veri” disastri cavalcano silenziosamente le retro vie dell’attenzione pubblica, quella che sempre più spesso mette un “mi piace”, ma di fatto non legge. E quindi non sa.
Tra le grida più silenziose, per fare qualche esempio a piene mani, passano indisturbati e insospettabili tanti piccoli-grandi eventi della storia di questo tempo, tipo:
– il “nuovo” statalismo di Renzi, con particolare preoccupazione (di chi una certa politica la conosce per esperienza diretta) per la riforma della PA;
– il calvario dei cristiani a Mosul, di cui nessuno parla, roba per soli cattoliconi che ancora credono nella strage dei cristiani nel mondo;
– il ddl Scalfarotto, già deciso e chiaramente appoggiato dal governo Renzi, che si appresta – entro settembre – a dare una mano alle “nuove follie del mondo”, anche con l’aiuto del divorzio breve “finalmente” ridotto a 6 mesi;
– la sentenza della Corte Costituzionale che finalmente dice in modo chiaro che un figlio è una cosa come un’altra e che esiste un diritto “incoercibile” ad averlo;
– l’avvio di un esposto alla procura sulla vicenda del liceo Muratori di Modena, del quale scrissi subito anch’io;
– un’interessante indagine sullo sfruttamento della maternità surrogata;
– il diverso punto di vista, documentato nero su bianco, di chi a volte supera i soli spot o i luoghi comuni divenendo sapientemente capace di vedere anche l’altra violenza domestica.
Se ogni giorno parlassimo di ciò che accade veramente, capendolo in profondità e stando attenti a non essere compromessi per il resto della nostra vita, solo monitorare i grandi “progressi” dell’uomo evoluto sarebbe un mestiere, anzi una missione, quale è lo scrivere o il raccontare. Personalmente, più che scrivere, cerco di leggere, di capire quel che accade, di avere una visione, di immaginare uno scenario e di scorgere un orizzonte sul quale quotidianamente riversare speranze, atti concreti, preghiere.
Certo è che, tra i tanti desideri che avrei e che vedo realizzarsi raramente (non per niente è tra le fatiche più ardue di ogni Papa), c’è la comunione – d’intenti almeno – tra persone che “aderiscono a uno stesso credo”. E la cosa non va meglio tra i cristiani, che del resto misero in dubbio anche Mosè, l’ultima volta poche ore dopo aver assistito al miracolo del Mar Rosso. Ciò che dovrebbe unirci spesso ci divide e le buone battaglie per cui dovremmo marciare insieme spesso ci allontanano da quel focolare comune attorno al quale tenere caldo il luogo del cuore, ma anche quello dell’azione.
Questo è un tempo in cui chi ha una buona battaglia da portare avanti per amore di Dio, che sempre implica il buon senso e il bene comune, è bene che, se può, lo faccia con tutti e non solo con qualcuno. Non in base alla corrente, al movimento, agli amici tra i fratelli, alla buona compagnia, alla parrocchia del quartiere o a un’etichetta fatta propria, ma con il solo intento di andare oltre un palco, oltre un’occasione di protagonismo, oltre noi stessi. Esiste la Chiesa (una, santa, cattolica e apostolica), teoricamente madre di tutti noi, dimora del nostro agire, in nome di un obiettivo comune (il cielo) sapientemente condiviso già in partenza. Se riuscissimo ad essere figli in questo, anche in pratica, di una sola Madre (noi che in tempo di uteri in affitto possiamo ancora!) rinunciando a quell’isolato pezzettino di noi stessi, arginato sulla soglia del nostro piccolo potere, potremmo cominciare a contare davvero qualcosa per tutti e con tutti. Soprattutto agli occhi di Dio.
Il drago contro il quale stiamo combattendo supera il margine della vista di cui disponiamo. Se lo accerchiamo solo con la fionda, l’elastico ci torna nell’occhio. E’ ora di stare insieme.
E’ un appello alle tante realtà che, a vario titolo, con diversi “stemmi” o nomi, remano nella stessa direzione con cappelli diversi. Il nostro “cappellaio” ha inventato l’universo. Noi dobbiamo “solo” mettere una piuma di Grazia in questo intreccio, senza perdere di vista il cielo. Il resto non conta. Ce la possiamo fare? Secondo me sì.