
di Giorgia Petrini
Manca poco ormai. Dopo tanta attesa, stiamo per consegnare ufficialmente la città di Roma – forse – nelle mani di molti nuovi amministratori, più e meno bravi, sindaco compreso (chiunque sarà), per altri 5 anni. Sarebbe bene dire alla gente che la forza di una città non la sostiene mai uno per tutti, chiunque esso sia. Sarebbe bene intendersi sul fatto che il bene comune è appunto “comune” quando non riguarda soltanto il bene “proprio”, personale, di categoria, di appartenenza o quartieristico. Sarebbe bene vivere un momento in cui davvero la porchetta, che piace quasi a tutti, sappia fare da virtuale collante umano, semplice e compreso, dei valori universali e non da trincea d’altri per proteggere un quartiere, un credo ristretto, o gli abitanti della zona. Sarebbe bene capire che i tempi sono cambiati e che non è più questione di piazze, circoletti, o gruppi “armati” di uno striscione che liquida l’amministrazione di una città con 3 righe di luoghi comuni e uno sgambetto fatto all’ultimo minuto. Sarebbe bene spiegare a chi dei diritti civili fa il proprio baluardo, che l’occupazione di una piazza nel tentativo di scampare un grande pericolo per l’umanità, del quale palloncini e porchetta sono chiara espressione, non è propriamente il miglior esempio per farsi promotori degli stessi diritti. “Vogliamo servizi e reddito”, da chi? Amedeo Ciaccheri, principale armatore della contestazione fatta a OL3 ieri sera, è “candidato indipendente nelle liste di SEL al municipio 8 (ex 11)”, precisa sul suo sito di campagna elettorale. Nulla accade mai per caso, dunque. A chi chiede “servizi e reddito” un candidato – di municipio – che dovrebbe proporre le proprie iniziative per la città a riguardo, invece di proporsi a devastatore di quelle altrui per difendere, non si sa bene da cosa, il cortile di casa propria? Davvero c’è qualcuno che crede ancora oggi di essere migliore degli altri, di poter fare di più e meglio, propagandando priorità che per nulla tali sono, soprattutto in relazione all’incarico che si propone di voler ricoprire? Beato lui, chiunque esso sia. Io scaverei la fossa a me stessa oggi per tutti gli errori che sono certa di dover ancora commettere nella mia vita, ma voglio andare in Paradiso. Questa è la strada che continuerà a guidare l’onta terribile dei miei peccati e la mia poca, pochissima, flebile e minuta buona volontà.
Sono cresciuta alla Garbatella, è un quartiere che mi scorre nel sangue e che conosco bene dagli anni ’70, quando le siringhe in terra si schivavano a piedi tornando da scuola e tenendo per mano una mamma che non faceva altro che dirti: “Attenta qui, attenta lì!”. Sarò l’ultima del “corteo” che sosterrà OL3 e Gigi de Palo fino alla fine. Raccoglierò cartacce se servirà, visto che non posso nemmeno votarlo perché sono residente a Fiumicino, ma di una cosa sono certa: voglio anch’io “un panino con la porchetta e un palloncino” perché solo la gioia, la concretezza e la bellezza salveranno il mondo. Quello che non voglio più, invece, è stato sufficientemente espresso dal senso di qualunquismo e ovvietà che questa contestazione e i suoi “immobili attivisti” nel 2013, con i problemi che abbiamo, ha saputo significare: un revival fuori tempo.
Per chi vorrà, ci vediamo domani sera alla festa di chiusura della campagna elettorale del buon Gigi. Attenderemo i contestatori con rametti d’ulivo, anche se – per la verità – io all’ulivo sono …terribilmente allergica… :/
1 commento su “Strage di porchetta e balloons: a Garbatella il nulla è in guerra.”