di Giorgia Petrini
A voler riflettere su tutto, questo è certamente un periodo storico molto intenso, da tutti i punti di vista. Fino a due minuti fa, si parlava genericamente di emergenza educativa delle nuove generazioni. Oggi, iniziamo a chiederci se, in realtà, la vera emergenza non sia piuttosto rappresentata da genitori troppo disinvolti, da scuole pubbliche troppo “politiche”, dalla carenza di maestri, dall’inaffidabilità della nostra classe dirigente e dalla più completa assenza di persone e identità che siano in grado di essere un esempio, di divenire un modello per la nostra società. La domanda è chiaramente retorica e la risposta è pubblicamente scontata. Basta guardarsi intorno per capire in che razza di disastro (globale) siamo. Non c’è bisogno di prendere un caso, un ambiente o un Paese del mondo, in particolare, per dare un senso a quello che dico. Basta andare con lo sguardo oltre le nuvole e provare a guardare dopo il cielo per avere una vaga idea di ciò che intendo. I Santi non sono più un modello, se mai lo sono stati, e di certo non per tutti.
E’ un tempo in cui i dibattiti e le attenzioni di questa civiltà vertono davvero a domandarsi se siamo d’accordo con le unioni omosessuali, il genitore 1 e 2 a scuola, il bagno unisex, l’eutanasia sui bambini e la depenalizzazione dell’incesto (che, non so se lo sapete, ma è già legge) o, piuttosto, non siamo più in grado di capire che succede? E non abbiamo neanche voglia di capirlo.
Il vero “problema” che abbiamo è quello che vediamo a occhio nudo e sul quale magari siamo (fintamente) chiamati a dire la nostra da qualcuno (pur sapendo che in molti casi è una battaglia che non servirà perché qualcun altro ha già deciso) o è a cosa le nostre scelte daranno consistenza per chi verrà dopo di noi, per i nostri figli, per il futuro del mondo, dell’ambiente, della gente? E’ triste sapere che oggi se le cose non ci riguardano personalmente, in fondo non ci toccano nemmeno, non ci interessano, non meritano la nostra attenzione (magari tolta a una partita di pallone), ma è così: non conta più ciò che vale veramente (la vita o la morte), ciò che ha una sua propria natura (un maschio o una femmina), un suo perché (la realtà, gli eventi, il naturale corso delle cose); conta solo ciò che mi interessa veramente, che mi tocca, che mi riguarda, che ho l’impressione che sia giusto o sbagliato, buono o cattivo, bello o brutto, secondo me. Per farla breve, se non da fastidio a me va bene a tutti.
E’ un tempo soggettivo e possessivo, tutto orientato su noi stessi (anche se Bauman scriveva le stesse cose trent’anni fa) a cercare di preservare la nostra sopravvivenza, a nostro dire sempre minacciata da qualcosa o da qualcuno, come se fossimo eterni, come se avessimo sempre un’occasione, una possibilità, da conquistare con le armi, con i denti, con la forza. Un figlio è già un altro (all’infuori di noi) del quale noi possiamo (anzi, ormai dobbiamo) decidere cosa fare. Lo vogliamo a tutti i costi (inseminazioni di tutti i tipi, uteri in affitto, gravidanze senza padri) e a tutti i costi vogliamo potercene liberare, indipendentemente dal motivo (infanticidio, aborto, eutanasia). Non conta più La Vita in quanto tale, ma cosa me ne faccio io della mia vita (che è mia) o di quella di un altro (che, se mi riguarda in qualche modo, è sempre mia e, se no, facesse un po’ come gli pare). Non conta più cosa siamo in realtà, ma cosa possiamo diventare secondo noi. Non conta più essere onesti: meglio esserlo solo quando conviene (una circostanza, una bella figura, un condono) e – in genere – per il resto, fare in modo che lo siano gli altri, più che noi. Non conta più La Verità delle cose (è diventata di per sé anche quella soggettiva), ma ciò che le cose sono secondo noi, nella nostra percezione, nei nostri desideri, nelle nostre necessità e, soprattutto, nella nostra volontà.
E’ un tempo in cui perfino il relativismo, per quanto assurdo, è già stato superato. Oggi c’è un intero mondo per tutti, a ognuno il suo, come lo pensa, come lo vuole e come lo dovrebbe riguardare. Se La Realtà Vera non si adatta al mio mondo, stia pure nel suo. Tanto, in fondo, a me non interessa, finché non mi riguarda.
Occhio a tenere aggiornati i cognomi sul citofono, nel caso La Realtà avesse bisogno di qualche chiarimento.