di Giorgia Petrini
Domani è il mio compleanno: 39 anni di passi sospesi in precario equilibrio sul bordo incerto della vita. Pochi “bei ricordi”, ancor meno “bellissimi”, un sacco di rimorsi, parecchi rimpianti e molte domande rimaste lì, così, in attesa di qualcuno, a mirare l’indefinito orizzonte di qualcosa, in vista di qualche tappa, di qualche goal da tirare in porta, di pochi miseri, spesso addirittura banali, obiettivi.
Meglio tardi che mai, mi ripeto da quasi 4 anni a questa parte. Dopo essersi chiesti per tutta la vita che senso abbia (la vita), senza aver mai avuto il tempo, l’interesse o la voglia di provare a cercare almeno una risposta, sospettare di averla trovata (la domanda o la risposta?) quasi ti toglie la necessità di continuare a cercarla. Eppure siamo cercatori per natura, sebbene impotenti e inermi, di fronte alla vita che vorremmo e non abbiamo, di fronte al prossimo e di fronte a noi.
Il problema è sempre capire bene cosa fare perché gli altri pensino di noi quello che noi non pensiamo di noi stessi e articolare ogni singolo passo di questo bellissimo viaggio provvisorio e propedeutico verso una meta da spostare continuamente. Non sappiamo dove andiamo, ma pensiamo di arrivarci. Viviamo a clessidra stesa, cercando di dominare un tempo che non c’è e che mai è misura degli anni che avremo ancora da vivere, con le cuffie a palla e gli occhi chiusi, ma pensiamo di non aver bisogno di nulla, di farcela lo stesso, di essere auto sufficienti, auto determinati, auto destinati, auto proclamati. Ci ricordiamo di Dio, anche se non ci crediamo, solo quando abbiamo l’acqua alla gola, quando c’è un problema, quando è ora di sposarsi o di morire, di guarire o di inveire.
Ma, c’è un giorno in cui Dio ha pensato solo a noi, a ognuno di noi, in ogni singolo particolare, senza alcun merito nostro, senza stare a guardare se ci saremmo fidati o meno di Lui, se ci saremmo persi o ritrovati. Quel giorno non eravamo neanche nati: nascendo abbiamo semplicemente manifestato il risultato del modo in cui Dio, prima che noi venissimo al mondo, ci aveva immaginati e poi fatti.
Ecco, quello è il giorno in cui Dio ha pensato solo a me, a quando sarei nata – l’11 gennaio del 1975 – e a chi mi avrebbe fatto nascere – i miei genitori, proprio i miei, non altri, ma quelli lì! E’ il giorno in cui “rinunciando” a qualcos’altro si è dedicato interamente a me, senza che io potessi dargli nulla in cambio, senza fideiussioni, senza garanzie, senza comunione di beni. E’ il giorno in cui ha scelto per me il colore dei miei occhi, quello dei capelli, il posto in cui sarei nata, in che periodo, in che contesto e perché. E’ il giorno in cui per me ha rischiato tutto.
Come regalo vorrei la carezza eterna di questa memoria, in una fede sempre più grande: che resti Dio con me, e io in Lui (se davvero saprò imparare a farlo col tempo), e mi ricordi sempre, per quanto in questo mondo avrò da vivere, perché ci sono anch’io e cosa ho da fare qui per farlo contento. Come si incarta un regalo così?
Giorgia grazie per aver dedicato ai nostri bambini del Congo “quel giorno in cui Dio ha pensato solo a te”. Ci siamo sentiti accolti nella tua casa e nel tuo cuore. Carla e Nzumbu di Magic Amor
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Carla e Nzumbu, voi siete nel mio cuore e, da ieri, spero in quello di molti altri! E’ stato il compleanno più bello che io ricordi. Grazie!
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La consapevolezza e’ la chiave della vita vera.
E tu ce l’hai Giorgia.
Il mio augurio e’ che tu possa continuare a farne buon uso.
Un bacio, pier
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Grazie, amico mio.
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