di Fabrizio Landi, 22 Ottobre 2014
Forse non tutti sanno che da tempo sono stati messi a punto efficaci metodi di vaccinazione per prevenire il passaggio alla fase acuta e spesso mortale della malattia che sta minacciando l’Africa, il virus ebola.
Leader di questa ricerca è una giovane azienda oggi localizzata in provincia di Roma, che però, almeno sino a poco tempo fa, non ha ricevuto ordinazioni per la produzione del vaccino, cosa assai stridente con l’allarme globale sui rischi relativi all’epidemia cui stiamo assistendo da diversi mesi.
Il problema, come al solito è: chi paga? Infatti il tema del finanziamento dei costi dei prodotti sanitari per i bisogni di salute dei Paesi poveri è un tema aperto da tempo e si pone come una questione centrale del dibattito bio-etico.
La vaccinazione di massa nell’Africa centrale contro l’ebola sarebbe la soluzione più logica dell’attuale crisi sanitaria, ma non sembra oggi all’ordine del giorno proprio perché non è chiaro chi dovrebbe farsi carico dei costi relativi.
Salvo forse che qualcuno si accorga che, senza un intervento radicale alle fonti del contagio, il rischio di espansione dell’epidemia a livello globale — Paesi ricchi compresi — diventi inaccettabile ed economicamente molto più drammatico.
Il tema però si sta ponendo anche all’interno delle nostre società occidentali, di fronte all’incapacità dei servizi sanitari nazionali di far fronte in modo equo e paritetico ai bisogni di salute di una società sempre più vecchia e quindi bisognosa di cure crescenti.
Oggi ormai è esperienza comune di molti medici porsi la domanda di come trattare patologie o traumi in persone anziane rispetto alla disponibilità di strumenti diagnostici sofisticati e interventi terapeutici più o meno costosi. Tipico esempio sono le diverse possibilità di trattamento di gravi traumi ortopedici fra protesi sofisticate e costose e soluzione tecniche più a buon mercato ma meno efficaci e soprattutto meno capaci di ridare piena funzionalità al paziente.
Poiché non ci sono spesso disponibili protesi sofisticate per tutti, tocca al medico decidere i criteri con cui scegliere questa o quella soluzione, a seconda del paziente, della sua età, del suo stato di salute generale ed anche del suo status sociale.
In alcuni sistemi sanitari nazionali è oramai pratica condivisa una fortissima limitazione all’accesso a tecnologie diagnostiche e terapeutiche sofisticate per i pazienti più anziani, in una logica forse anche cinicamente comprensibile ma che comunque dovrebbe essere il risultato di una disciplina bio-eticamente definita, trasparente e garantita nella sua applicazione: non si può abbandonare il tutto alla scelta del singolo medico.
Fonte: L’Osservatore Romano