di Redazione
Cesare Lombroso (Verona, 1835 – Torino, 1909).
Socialista e razionalista, medico, antropologo e criminologo italiano, fu uno degli alfieri del positivismo ateo dell’Ottocento. Negatore di Dio e dell’anima umana, cercò di dimostrare che gli uomini sono totalmente determinati nelle loro scelte.
Appartenne a quel filone di scienziati atei che posero le basi del “razzismo scientifico” e che – ritenendo di poter trovare una spiegazione scientifica ad ogni evento, anche umano, e di poter misurare quantitativamente ogni fenomeno -, cercarono di catalogare e di definire gli individui in base alla misura del cranio, all’angolatura del volto, alla lunghezza delle orecchie, alla loro pelosità. Cercò di dimostrare, per esempio, che esistono “criminali per nascita” o che “le prostitute, come i delinquenti, presentano caratteri distintivi fisici, mentali e congeniti” tra cui “l’alluce prensile”. Elogiato dai socialisti, sponsorizzato da Emile Zola, conteso dai vari convegni scientifici del mondo, definito da Vittorio Emanuele II “l’onore d’Italia”, è oggi uno dei simboli più evidenti del fallimento del riduzionismo scientista che nega l’unicità dell’uomo e la sua natura anche spirituale.
In un’ottica materialista le misurazioni (cranio, arti, angolatura facciale, orecchie, persino i piedi) erano considerate capaci di penetrare la natura profonda di una persona. Sfuggiva a questi celebri pesatori di urine e misuratori di crani – che volevano ridurre a quantità le caratteristiche umane, e che facevano le classifiche sulla maggiore o minore dignità delle razze a partire da dati numerici – che la nostra dignità è ontologica e sta nella comune origine divina e nell’anima, non nella maggiore o minore altezza, forza, intelligenza, salute o altro ancora.
Il cosiddetto “razzismo scientifico” nacque dalla penna di filosofi e scrittori, e con il conforto di alcune pseudo-scienze come la frenologia e la fisiognomica, sostenute e sponsorizzate da importanti scienziati dell’Ottocento e del Novecento. In Italia, per esempio, il Manifesto della razza fascista del 1938 fu firmato da 10 “uomini di scienza”, tra cui: prof. Lidio Cipriani, antropologo, Università di Firenze; prof. Arturo Donaggio, direttore della clinica di neuropsichiatri dell’Università di Bologna; prof. Matteo Ricci, zoologo dell’Università di Roma; prof. Edoardo Zavattari, direttore Istituto di Zoologia dell’Università di Roma; prof. Sabato Visco, direttore Istituto di Fisiologia generale, Università di Roma.
Di fronte al Manifesto, Pio XI, in un discorso del 15 Luglio 1938 ebbe a dire: “Si tratta di una vera e propria apostasia. I principi enunciati nel Manifesto sono contrari alla fede di Cristo”.
Oggi, in nome del progresso, assistiamo alla sperimentazione che ha l’uomo non più come fine, ma, talora, come mezzo. Alcuni casi presi dalla cronaca: “Inseminazione sbagliata, ho scelto l’aborto” (Corriere della Sera, 11/12/2009); “Record tra i bambini della provetta, nasce col seme congelato da 21 anni” (Repubblica, 10/3/2008); “2038, padri e madri anche a cent’anni” (Corriere della Sera, 18/7/2008); “Wendy, Lindsay e gli altri 30 mila a caccia di fratellastri su internet” (Corriere della Sera, 23/11/2010); “Fecondazione per single e lesbiche” (Corriere della Sera, 3/6/2006); “Autistici i figli (4) della provetta 3.066” (Corriere della Sera, 14/8/2006); “Vuoi un figlio quando ti pare? Congelati gli ovuli finché sei in tempo” (Il Foglio, 14/1/2005); “Partorisce a 67 anni” (l’Adige, 17/1/2005); “Gemellini abbandonati (dopo Pma). Due su 5 sopravvivono” (Corriere della Sera, 7/10/2005); “Muore dopo la fecondazione assistita” (Corriere della Sera, 21/4/2004); “La bambina con tre madri alla ricerca del padre biologico” (Corriere della Sera, 27/11/2008); “Il figlio di Osama prende in affitto un utero infedele” (Libero, 10/8/2010).
Fonte: “Scienziati, dunque credenti” (Francesco Agnoli), Edizioni Cantagalli.