Una manata sulla faccia.

di Giorgia Petrini

E’ qualche anno che lo penso e che lo dico. Oggi posso gloriarmi dell’evidenza quotidiana. A Roma si dice: “Sei de coccio”. Intendiamoci, siamo tutti un po’ de coccio. Nasciamo morbidi e vellutati – con quel profumo di neonato che solo i bimbi appena nati hanno – e poi, col passare del tempo, ci cresce attorno una specie di pellicola pietrificante a base di catrame, cemento e colla, che esposta alla luce e alle intemperie, con gli anni, indurisce. Si diventa de coccio, appunto. Il più delle volte, tale non è colui che non capisce (ammetto di essere io stessa un’amabile capretta ignorante su un sacco di cose, tipo la geografia – giusto perché la storia, a pezzi e bocconi, la si recupera un po’ a cena sul Canale 54 tutte le sere). E’ colui che o non vuole capire o fa finta di non capire. Infatti, si dice anche: “Ma quello ci fa o ci è?”. A questi due “generi”, in tempi di truffe e fantasie biologiche e genetiche d’ogni tipo, possiamo aggiungere oggi alcune altre inflessioni e diramazioni dall’umano al vegetale molto interessanti. Chissà come li chiamerebbe Darwin? Tipo quelli che mettono i “Mi piace” su articoli di cui leggono solamente il titolo; oppure quelli che commentano notizie che non leggono proprio; poi ci sono quelli che tifano “per la persona” anche quando “la persona” dice una mare di scemenze (tipo me); quelli che tifano e basta, un giorno una cosa un giorno l’altra (spesso dipende da chi la dice o da chi la vota); gli indecisi che non prendono mai posizione su niente, magari pensando di stancarsi anche fisicamente (?); o gli “azzuffoni”, io li chiamo così, quelli che lanciano la carta sul tavolo, secondo come gli viene, anche fuori tema, anche a fine partita, anche se sanno di perdere e anche quando non gliene può importare di meno della cosa di cui si parla, si discute, ci si batte.

Certo è che gli argomenti su cui accendere un centinaio di vespai al giorno non mancano di certo. E non è notizia di oggi. C’è il divorziato che sniffa la speranza di divenire presto un nuovo eletto per scelta sinodale e redenta reputazione; c’è la mamma di quattro figli agguerrita – giustamente – sulla storia infinita dei libretti gay nelle scuole, introdotti come al solito all’insaputa di tutti per un nuovo subdolo indottrinamento dell’umanità (che, insieme all’aborto e all’eutanasia, nel giro di qualche anno, rischia di diventare il suicidio legalizzato della razza umana), da parte di un nuovo reich; c’è l’eterna battaglia sui clandestini che impicciano; quella sul lavoro dei giovani che vanno via (spesso per andare “a lavare piatti” che potrebbero lavare anche qui, detto da una che lo ha fatto in prima persona per tanto tempo e che non riporta, quindi, né impressioni né sensazioni); c’è la solita scorsa di dati serali sulla crisi economica delle famiglie, che – insieme al debito pubblico, al deficit, alla borsa, alla ripresa e alle riforme – non si capisce mai se peggiora o se migliora, con grande abilità di una comunicazione televisiva sempre più criptica e unidirezionale. Poi ci sono loro… quelli che gli sganassoni je so’ mancati. Una volta, con una bella pizza (divenuta poi “puffetto” e dopo ancora “farsi le canne con i propri figli” per regredire – non per crescere – insieme), si condonavano un sacco di guai e si imparavano un sacco di cose. Oggi, mamma denuncia papà per stalking – anche quando papà dorme in piedi e, da “vero assassino”, insegue la stessa zanzara per casa tutta l’estate, senza mai riuscire a farla secca -, grida giustizia solo alla parola alimenti (anche quando è ricca) e vive allo stesso livello, alla stessa età e con lo stesso “stile” dei figli. A cinquant’anni. Tatuata anche lei, la mamma.

C’è un urgente bisogno, secondo me, di rispolverare i bauli con le foto dei nonni in guerra; di parlare con qualche anziano doc che ci racconti come eravamo davvero (io ce l’ho, si chiama Lalla, è la mia preferita) e perché oggi siamo diventati così (stupidi, gretti, meschini, poveri e superficiali); di rinunciare all’ultimo modello di cellulare da cambiare ogni 6 mesi (perché, per me, il fatto che “ce lo possiamo permettere” non è un motivo sufficiente); di rivedere il costo medio di un figlio che non è affatto di mille euro al mese “per definizione” (perché, se non li hai, ne spendi meno e da qualche parte seghi, chiedi aiuto o ti arrangi). C’è bisogno di continuare a porgere l’altra guancia finché non troviamo Qualcuno veramente in grado di tirarci una sberla a mano piena e lasciarci una manata sulla faccia. Non se ne può più di andare in giro a dire e a sentire che l’uomo è come l’animale; che le mamme hanno gli ovini per cui da sole possono generare un figlio; che i diritti degli omosessuali vengono prima di quelli dei down e delle famiglie “tradizionali” (oggi bisogna precisare); che le donne sono il sesso debole anche quando i separati e i divorziati (uomini) – complice un sistema legislativo sessista e strumentalesono ormai i più poveri, s’impiccano e muoiono nel silenzio e nell’indifferenza più totale; che un bimbo appena nato lo possiamo ammazzare legalmente con la benedizione di Peter Singer, grande guru animalista e sostenitore dell’aborto post partum; che la libertà è fare quello che ti pare; che l’utero in affitto non è una forma di sfruttamento tanto quanto il traffico illegale di organi; che il problema della crisi (puramente morale e valoriale in tutto il mondo) si divide tra la borsa, la Merkel, l’Europa e l’economia; che è giusto morire “quando me lo sento” e che, per giunta, è ancora più giusto che qualcuno mi aiuti a farlo (magari anche a spese dello Stato, soldi nostri, come gli interventi chirurgici per cambiare sesso erogati ormai gratuitamente ai transessuali); che al mondo siamo in troppi; che nel 2014 siamo così tanto evoluti, felici e soddisfatti di noi stessi (e delle nostre innumerevoli campagne di liberazione) che ci scanniamo senza pietà e poi facciamo anche una legge per dire che “si poteva fare”.

Una manata sulla faccia. Ci vuole, ci serve, è urgente. E’ ora di risvegliare quella flebile coscienza che è in noi e che ben conosce la Verità. Io preparo la faccia, voi portate gli spinaci. Tutti insieme, facciamo ancora in tempo a rimettere le cose a posto e a dire al mondo che un bimbo non lo porta una cicogna e non cresce sotto a un cavolo. Mi pare. O no? Spetta che cerco meglio…

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