Mario Adinolfi “vuole la mamma”.

di Giorgia Petrini per Notizie ProVita
(rivista – numero di maggio 2014)

E’ un piccolo libretto rosso autoprodotto dall’autore, Mario Adinolfi, quello che racchiude in poche pagine, dense di dati e contenuto “drastico”, il grido condiviso dei nuovi disadattati di questo tempo, profondamente leso nei suoi principi più reali e naturali. E’ iniziato Venerdì 28 Marzo il tour di presentazione del libro “Voglio la Mamma” che ha trovato il suo nido di esordio, ospitato dall’Oratorio Piccolo di San Filippo Neri, a Chiesa Nuova, con il contributo umano e spirituale di Padre Maurizio Botta.

Niente mezzi termini, niente mezze verità, zero “opinioni”. Vero è, secondo l’autore, quello che accade, quello che risponde a verità, quello che, in primis, con la semplice ragione tutti siamo in grado di riconoscere e vedere. Non bisogna essere cristiani – dice Adinolfi – per capire che l’aborto è per sua natura contro natura, o che le adozioni gay non hanno alcun motivo per essere discusse, come il matrimonio (tra uomo e donna l’unico possibile) o l’eutanasia infantile, impronunciabile.

“Tra un gay ricco che vuole un figlio e un bambino che viene strappato dalle braccia della madre per essere destinato ad una coppia omosessuale a pagamento io sto con il bambino. Non ho paura di dirlo, né di scriverlo”. L’autore, giornalista, conduttore televisivo e parlamentare del PD, che in 120 pagine di succhi gastrici scrive di “dolce morte”, omogenitorialità, uteri in affitto, transessualità, aborto, eutanasia infantile, parla di fronte a una sala piena e gremita dell’attenzione di un pubblico attonito che davanti ai nuovi (falsi) miti del progresso, in molti casi, stenta a rispondere con forza e in verità. E’ interessante notare come Adinolfi tenda a riportare con forza questi temi al centro del proprio orientamento politico, precisando che proprio il PD (per motivi di “storica sinistra”) dovrebbe farsi autore e promotore della difesa di quei deboli che, incontrovertibilmente, non possono “essere fraintesi”.

Secondo Adinolfi è una battaglia di ragione e non di “ragioni”. E’ ragionevolmente sostenibile che la verità e la realtà siano una manifestazione della natura e del senso profondo della vita umana, che non possiamo e non dobbiamo manipolare in nome di altre inesistenti e insostenibili verità soggettive, frutto unicamente di interessi personali, di equilibri economici internazionali o di diritti inesistenti. E’ una questione di ragione e c’è molto da capire per riportare sul giusto binario ciò che in questi anni sembra deragliare liberamente verso l’autodistruzione dell’umanità. “A dirlo è un peccatore con due figlie nate da due diverse mamme, in diversi momenti della vita” dice “che, però, capisce e crede profondamente nella maternità che il mondo, a tutti i livelli, non può fare a meno di esprimere, senza cadere nel dubbio o nella perversione del proprio senso umano, ontologico e antropologico”.

Vero, direi. Ma la ragione confina con la coscienza e la coscienza confina con il cuore. Qual è la vera questione, allora? “Coscienza e cuore sono piani (chiaramente pertinenti) che però ho scelto di non toccare perché si esce dalla “comprensione delle cose” e si torna in un campo minato” mi risponde. Sicuri, però, che basti la ragione, definita dall’autore “il cavallo di Troia” che ci consentirà di “spiegare a tutti” che la verità di queste cose è scritta in “uno o tanti ragionamenti da fare insieme”? O, piuttosto, non dovremmo cambiare le domande e tornare a discutere della metafisica dell’uomo e di cosa davvero sia l’amore … più che “di ragione”?

Sia chiaro, la penso come Adinolfi su tutta la linea e ritengo questo libro un contributo prezioso alla complessità della riflessione contemporanea, ma mi domando, da donna: l’aborto è sbagliato perché qualcuno mi spiega “le ragioni secondo cui” o perché nel nostro cuore è scritto che non possiamo fare a meno di amare, se vogliamo essere felici?

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